Marco Marsilio è un politico (e fin qui…); fa il consigliere comunale di AN a Roma e viene da un percorso che negli anni è riuscito a conciliare l’impegno politico, radicato nel movimentismo e nel sociale, con una profonda analisi culturale.
Perché parlo di lui? Innanzitutto perché è amico mio… e già questo basterebbe; poi perché è uscito, per le edizioni Vallecchi, un suo saggio di straordinaria efficacia, dal titolo “Razzismo, un’origine illuminista”: un’analisi storica dell’ideologia razzista e delle sue origini moderne e poco conosciute.

Ora, cosa succede se un giovane studioso dimostra che l’ideologia razzista in tutte le sue varianti (razzismo biologico, antisemitismo, eugenetica) è un prodotto del pensiero di sinistra? Un pa-ta-trac. Nella prefazione Gianni Scipione Rossi lo definisce un libro scomodo; e infatti lo è. Scomodo perché abbatte i luoghi comuni e consolidati che vedono il razzismo come un prodotto di un’ideologia circoscritta nello spazio e nel tempo… nella Germania degli anni Trenta e Quaranta. Scomodo perché ci permette di recuperare ciò che la cultura progressista ha volutamente rimosso, liberandosi dai propri sensi di colpa ed infilando dentro la follia del nazismo, quei 200 anni di pensiero razzista che è stato prodotto dalla sua classe intellettuale, dai suoi scienziati, dalle sue politiche e dai suoi modelli sociali. In questa maniera ha voluto esorcizzare il male come se esso fosse estraneo alla modernità… come se il razzismo fosse nato e morto con Hitler, dimenticando che esso è figlio di quella cultura positivista ed illuminista (moooolto di sinistra…) su cui si fonda la stessa degenerazione tecnocratica di oggi.
Colpisce sapere che Kant, l’apostolo di un neo-pacifismo d’annata, ai suoi tempi era famoso per un libro (oggi relegato tra le opere minori) dal titolo “Sulle diverse razze degli uomini” in cui affermava che i negri “puzzavano” per alcune particelle ferrose sull’epidermide. O che Voltaire, maestro di tolleranza e razionalismo, credesse che le donne “negre” spesso si accoppiassero con gli scimpanzè generando mostri.
Anche nella variante antisemita le sorprese non mancano. Spaventa leggere le parole di Lutero sugli ebrei “privati da Dio della ragione umana”, farcite di un antisemitismo mai conosciuto dalla Chiesa cattolica (cosa che spiega perché le peggiori degenerazioni antisemite siano sorte nei paesi protestanti). E che a fianco all’arcinoto antisemitismo di scuola germanica, esistesse un violento e radicato antisemitismo di sinistra che vedeva negli ebrei l’elemento sociale da eliminare tanto che il terribile Gobineau ci appare molto meno razzista di Marx e Proudhon. O che l’eugenetico Darwin invitava a non aiutare i deboli e i malati per non inficiare l’evoluzione delle classi umane superiori.

Insomma un viaggio interessante nei meandri delle cultura europea di due secoli fino ai giorni nostri, per arrivare a sapere che l’eugenetica moderna, associata indissolubilmente al nazismo, in realtà nasce e si sviluppa a sinistra, nelle leggi di sterilizzazione forzata e di selezione della razza dei governi socialdemocratici scandinavi, Danimarca, Norvegia, Svezia (paese dove rimase in vigore fino al 1975 con ininterrotti governi socialisti coinvolgendo oltre 63.000 individui).
E nel pa-ta-trac di luoghi comuni che questo libro abbatte, si scopre, seguendo l’analisi di Hanna Arendt, che fu proprio il pensiero conservatore, tradizionale e “di destra” , da De Maistre a Tocqueville (si proprio lui!) ad aver compreso il rischio insito in questa concezione razzista e nella riduzione dell’uomo a puro elemento biologico e materiale, il cui valore derivava
dal colore della pelle, dall’ampiezza del cranio o dalla forma della mandibola.

E’ importante leggere questo libro perché oggi l’Europa è attraversata da un nuovo razzismo. Non quello ridicolo degli stadi, delle ultime controfigure balorde di un nostalgismo da operetta. Ma quello vero prodotto dal relativismo sposato alla tecnica; c’è all’orizzonte una nuova offensiva eugenetica, figlia postmoderna dello scientismo illuminista, che pensa di fabbricare in laboratorio l’uomo nuovo, scartando gli esseri umani non congeniali ad una pretesa di normalità, violando la sacralità della vita e la dignità della persona.
Un’offensiva che l’Italia sta riuscendo ad arginare grazie, ad esempio, ad una legge sulla fecondazione assistita, civile ed equilibrata, che difende il desiderio di avere un figlio con la tutela della salute della donna e chiude fuori dalla porta qualsiasi tentazione di sperimentazione eugenetica. Una legge che qualche imbecille radicale e di sinistra e qualche grande scienziato che confonde l’embrione umano con lo scimpanzè, hanno cercato di abbattere attraverso un referendum che per fortuna ha visto sonoramente sconfitti loro e questo intollerabile razzismo travestito da falsa solidarietà.
Il razzismo di affermazioni come questa:
Non dobbiamo cadere nell’assurda trappola di essere contro tutto ciò a cui Hitler era a favore (…) Sono fortemente a favore del controllo genetico del destino dei nostri figli. Vogliamo smettere di avere figli che facciano piangere i genitori (…)Un giorno i figli autistici potranno non nascere. Ogni volta che puoi prevenire la nascita di un bambino malato è un bene per tutti. Nessuna madre vuole un figlio nano”.
(James Watson premio Nobel per la medicina e scopritore della doppia elica del DNA)
O come questa:
“Nessun bambino dovrebbe essere definito come essere umano prima di essere stato sottoposto a un test che ne determini il corredo genetico. Se non supera il test, si è giocato il diritto alla vita” .
(Francis Crick, uno degli scopritori della doppia elica del Dna e premio Nobel per la medicina)

Il libro di Marco Marsilio ci aiuta a comprendere che il demone del razzismo non è stato sconfitto con la caduta di Berlino, anzi averlo rinchiuso in quel bunker è un’ipocrisia perché esso nasce più lontano, nello spirito della modernità positivista fondata dai philosophes
ed oggi incarnato dai nuovi stregoni della tecnoscienza positivista…
… insomma nasce e si conserva a sinistra…
un motivo in più per stare orgogliosamente dall’altra parte.