Ieri chi leggeva Repubblica si trovava in prima pagina questa letterina firmata da Romano Prodi che era meglio di un dvd di Aldo, Giovanni e Giacomo. Sembrava una cosa talmente surreale che all’inizio l’Anarca ha pensato: “cavolo che scherzo gli hanno tirato quelli di Repubblica. Prenderlo per il culo così non è bello, è pur sempre il premier!”. Poi se la rileggevi capivi che non era uno scherzo: il capo del Governo di uno dei paesi del G8 aveva scritto una letterina da libro Cuore e l’aveva inviata al principale quotidiano italiano per descrivere com’era bella la vita dell’Italia multietnica da lui governata. Una sitcom girata dentro un ufficio comunale di Bologna: la famigliola dello Sri Lanka, il pensionato, l’impiegata efficiente, i giovani speranzosi, mancava l’omosessuale di turno gentile e sensibile (immancabile nelle fiction che si rispettino) e la sceneggiatura era pronta. In realtà questa lettera appare così cretina e offensiva nei confronti dei cittadini che quotidianamente lottano con le disfunzioni dell’amministrazione pubblica e con i problemi dell’emarginazione e dell’integrazione, che stentiamo a credere che l’abbia scritta Romano Prodi. Magari l’avrà buttata giù il suo ghostwriter… visto che Prodi con i fantasmi ha una certa dimestichezza.
Sulla lettera non c’è molto da aggiungere a quello che Mario Giordano ha scritto su Il Giornale.
Il bello è che il giorno prima, sempre La Repubblica, aveva ospitato in cronaca questo articolo di Gabriele Romagnoli sulla follia di un giorno qualsiasi in uno degli uffici anagrafe del Comune di Roma, dove nel feriale a cavallo di due feste, su 5 impiegati del comune, 1 era in ferie e 4 in malattia; un record ma neanche tanto nella Roma veltroniana dei 30.000 impiegati comunali.
E chi è rimasto in fila a riannodare i propri problemi di sopravvivenza, con il telefonino in mano a cercare di chiamare la redazione di Striscia la Notizia o quella di Report, ha mostrato una rassegnazione che è più di una rabbia.
Il problema è che dopo che hai letto i due articoli, non capisci più quale sia l’Italia vera: quella colorata e arcobaleno descritta da Prodi o quella grigia e esasperata descritta dal malcapitato giornalista di Repubblica; quella reale che sperimentiamo ogni giorno noi o quella bugiarda che racconta Prodi; quella che funziona (forse) a Bologna o quella che non funziona a Roma; quella efficiente di Cofferati o quella furbona e mascalzoncella di Veltroni.

Insomma, un po’ di casino questi due racconti te lo creano. Se non altro perche potresti risolvere la questione immaginando che le due Italie convivano; ma se è cosi perché non fare leader del futuro Cofferati al posto di Veltroni?

No, in realta abbiamo capito tutto, noi che siamo intelligenti. Attingiamo alla dietrologia sempre comoda in politica e proviamo a dare a Prodi una maggiore dignità di quanto mostra quella lettera cretina e a Veltroni un’innocenza immeritata: la lettera di Prodi s’inscrive nell’annosa querelle del PD, nel conflitto aperto tra il premier e l’uomo nuovo. Mettiamola cosi: Prodi ha scritto questa letterina, descrivendo l’idilliaco ufficio comunale di Bologna, per sputtanare gli inefficienti uffici comunali di Roma e dimostrare come il modello veltroniano sia un imbroglio. Ma non funziona neanche questo perché così facendo saremmo generosi verso l’intelligenza di Prodi e ingenerosi verso “il modello Roma” di Veltroni che è qualcosa di molto peggio di un imbroglio…