Joachim Beuckelaer, Maiale squartato, 1569

I leghisti sorprendono spesso per la capacità insolita di abbinare indecenza e stupidità. Oddio, non che nel panorama politico italiano l’abbinamento sia peculiarità del mondo leghista; il politico patetico che vuole portare la mummia di Lenin in Italia non è solo indecente nella sua necrofilia culturale ma testimonia quella scarsa capacità di leggere la storia, il passato, le dinamiche che hanno prodotto gli eventi, che per un politico corrisponde ad una chiara inettitudine.
Allo stesso modo,
i leghisti che portano al guinzaglio un maiale su un terreno su cui a Padova il comune vorrebbe costruire una Moschea, ripercorrendo simili iniziative già fatte in altre città del nord e magari auspicando un “maiale-day, rappresentano concretamente l’incapacità di una parte della classe politica italiana di comprendere come la sfida moderna del “pluralismo religioso” richieda attenzione, cultura, capacità di analisi e forte sensibilità poiché tocca un elemento fondante dell’identità collettiva e dei bisogni individuali. Che poi un atto del genere venga stato fatto in nome della “identità italiana” offende la nostra sensibilità ancora un po’ patriottica ma forse fa contenti i farlocconi che riempiono le ampolle con l’acqua del “dio Po”. Sorprende che nessun leader del centro-destra abbia espresso disgusto per un gesto così cretino.
L’idiozia leghista ci dà però spunto per riflettere su come pensare un nuovo modello di laicità dello Stato che oggi si configura su due livelli: la sfida del pluralismo religioso e il ritorno della religione nella sua dimensione pubblica.

Quando i talebani del laicismo nostrano inveiscono contro la Chiesa e il suo sacrosanto diritto e dovere di essere parte integrante della vita pubblica del Paese, noi ci arrabbiamo non poco perché abbiamo la sensazione dell’ipocrisia dogmatica che è alla base di questo ragionamento. Tutt’altro che laicità. E ci incazziamo ancora di più quando questo invito alla Chiesa a pensare alle cose di Dio, viene dal cialtronesco intellettualismo dei cattolici adulti (come se l’uomo-nella-storia non fosse stato l’interesse peculiare di quel Dio che nella storia si è incarnato facendosi appunto uomo).
Allo stesso tempo occorre pensare un nuovo rapporto con la pluralità religiosa e con l’inevitabile necessità di far convivere culture e fedi diverse, senza l’ingenuità suicida di un Occidente ubriacato dalla sbronza multiculturalista. Alla base dev’esserci la comprensione dell’errore culturale e filosofico che fondò la presunta laicità della Rivoluzione francese ereditata in buona parte dalle carte costituzionali europee e sopratutto fatta propria da quell’aborto di Costituzione europea che i tecnocrati di Bruxelles hanno imposto contro le stesse volontà popolari. Un errore storico che segna un abisso profondo tra il modo di concepire la libertà religiosa in Europa e negli Usa.
Jürgen Habermas sottolinea come l’approccio alla libertà religiosa richieda la neutralità di uno Stato che configuri questa libertà non in maniera negativa, come nella Francia giacobina dove la libertà era una libertà dalla religione, imposta sotto forma di intromissione autoritaria dello Stato, ma come libertà positiva, come fu pensata dall’origine negli Stati Uniti dove l’autorità statale era “destinata a garantire ai coloni che si erano lasciati l’Europa alle spalle, la libertà positiva di praticare la loro rispettiva religione senza impedimenti” e senza maiali leghisti. Così fu pensata già nel 1776 nel Bill of Rights della Viriginia (che fu modello di riferimento per tutti gli stati americani) in quell’articolo 16 in cui si dice esplicitamente che la pratica religiosa “can be directed only by reason and conviction, not by force or violence; and therefore all men are equally entitled to the free exercise of religion, according to the dictates of conscience”. Una conquista civile attuale ancora oggi.
Rifondare un nuovo patto di convivenza civile dentro la cornice di una moderna laicità, nel quale a tutti sia chiesto ed imposto il rispetto delle leggi e delle regole non può prescindere dal riconoscimento della libertà religiosa e dei diritti ad essa legati; questo vale per il diritto della maggioranza cattolica e della Chiesa ad essere parte attiva nel dibattito pubblico e nell’impegno civile; e questo vale per il rispetto all’identità religiosa delle minoranze e la loro tutela. Non la benevolenza tollerante del multiculturalismo, ma un nuovo modello di cittadinanza che contempli regole condivise e certe. E’ bene che il pensiero liberal-conservatore, laico e cattolico, identitario e federalista, semmai c’è ed è in grado di comprendere questa nuova sfida post-moderna, se ne faccia carico e lasci stare le “porcate” provocatorie.
Il maiale leghista, nella sua negazione di riconoscere il fondamentale diritto alla libertà religiosa è intrinsecamente giacobino. E tutto questo a noi “intrinsecamente vandeani” non è che piaccia molto… 

Immagine: Joachim Beuckelaer, Maiale squartato, 1569